Negli ultimi 20 anni il polo principale del mercato ha lentamente cambiato asse. Dall’unicità e dalla centralità del retail offline all’acquisizione maggioritaria del mercato dei brand digitali. Come hanno fatto delle piccole realtà di vetrina a imporsi su grandi marchi fisici? MBK prova a spiegarlo, prendendo in esame alcuni dei suoi brand e il fenomeno ProduceShop.
Per Digital Native Vertical Brand (DNVB) si intendono tutti quei brand che negli ultimi anni sono nati grazie a e in seno alle dinamiche digitali; si differenziano dai brand del classic retail, o brand tradizionali, per il fatto che la loro presenza è esclusivamente online. Non hanno negozi fisici (salvo alcuni pop-up store o stand temporanei); occupandosi di tutta la loro filiera produttiva (produzione-distribuzione-pubblicizzazione), scelgono di essere presenti solo come realtà web.
Il fatto che siano realtà completamente digitali però non significa che “non esistono”; la scelta di delocalizzare nei server tutto ciò che esula il prodotto ha uno scopo preciso. Se infatti un retail offline incorre in spese ingenti per quanto riguarda l’allestimento fisico della vetrina (intesa come sede di vendita), i DNVB possono escludere questo costo, insieme alle spese intermediarie, dal loro bilancio.
Questa differenziazione netta ha fatto si che, nel tempo, questo genere di realtà commerciali aumentasse di numero, per rendere lentamente il sopravvento dal punto di vista della authority di mercato.
Un fenomeno in costante sviluppo
La definizione dei Digital(ly) Native Vertical Brand viene direttamente dal 2007 e dalle parole di Andy Dunn, fondatore di Bonobos, un precursore dei DNVB ed eCommerce di menswear. Nella sua idea, e in quello che poi si è concretizzato nel tempo, questo tipo di realtà completamente digitali, quindi nate esclusivamente nel web, si distingue dai grandi colossi come Amazon per due fattori fondamentali: il controllo della filiera e le strategie comunicative.
Parliamo di brand che normalmente si occupano di una sola categoria merceologica o, anche più comunemente, di un solo prodotto o tipologia di prodotti. Reindirizzando la propria strategia commerciale su una nicchia così ponderata, si può concentrare il controllo sull’interna filiera produttiva, evitando del tutto gli intermediari; dalla produzione, al trasporto, dalla distribuzione al marketing, tutto viene gestito dal brand. In questo modo non solo si riducono esponenzialmente i costi; il livello di personalizzazione che il brand può implementare è a dir poco senza limiti. Gestendo completamente la distribuzione dei loro prodotti, quindi, possono identificarli tranquillamente con il brand stesso; questo genera una strategia comunicativa che controlla due costanti fondamentali nel marketing:
- lo storytelling del brand stesso e della sua originalità
- la ricezione e l’analisi dei dati relativi ai consumatori.
Questi risultano di ancor più semplice dominio se si considera che tutta la loro strategia comunicativa con utenti e consumatori (mai confondere le due categorie) si basa su un alto livello di intimacy, legato anche al mercato di nicchia che vanno a riempire.
Anche i canali comunicativi cambiano; se il retail classico mantiene la sua “concretezza” nei mezzi pubblicitari scelti (pubblicità audio-video, affissioni), le strategie di marketing dei DNVB si snodano quasi esclusivamente su dinamiche digital; questo le rende in linea con le attuali modalità di ricerca e di consumo, aumentando il rate di conversione e, conseguentemente, di fatturato.
Pregi e vantaggi dei Digital Native Vertical Brand
I pregi di questi v-commerce (altro termine con cui sono conosciuti) risiedono in maggior misura nel tipo di comunicazione che decidono d’impostare.
Avendo libertà assoluta sulla gestione del prodotto (che può nascere in house o essere gestito da terzi di fiducia), il livello di personalizzazione, sia aziendale che customer, è virtualmente infinito; questo è una delle armi dei DNVB, ossia la possibilità di erogazione di servizi tailor-made o quanto meno altamente personalizzabili.
Ma il vero punto di forza risiede nel loro modo di comunicare con il cliente; stabilendo un dialogo one-to-one impostano automaticamente il rapporto su un piano estremamente personale, che fa sentire il cliente seguito e parte integrante dell’ecosistema aziendale. L’attenzione per la User Experience diventa basilare nei loro siti, quella per la Customer Experience una priorità. Già questo è un enorme punto di differenziazione dalla “vecchia scuola” dell’eCommerce, in cui il customer care e la customer journey, per quanto attenti, sono ormai standardizzati per garantire autonomia tecnica in realtà aziendali estremamente strutturate.
Esistono diversi esempi di questo modo completamente nuovo di vedere il mercato digitale; parliamo di brand che si muovono in nicchie di mercato anche molto diverse tra di loro. Possiamo citare “Everlane”, brand di abbigliamento che punta tutto sulla trasparenza assoluta; per i prodotti da barba “Dollar Shave Club”, che punta sull’abbonamento a un servizio di consegna efficiente; “Article” per l’arredamento o “Brilliant Earth” per il commercio dei gioielli di lusso. O le italiane “Lanieri” e “Velasca”, nel campo del tailor-dressing e delle calzature artigianali: un settore in cui, fino a poco tempo fa, era impensabile muoversi fuori dagli schemi del negozio fisico.
Comunicazione efficace e controllo della filiera produttiva senza intermediari si traducono in margine commerciale che può arrivare al doppio se confronto coi rivenditori classici presenti sul web.
Un passaggio repentino dall’eCommerce ai Digital Native Vertical Brand
Sebbene per definizione i DNVB nascano sul web, non sono rari i casi di passaggio di alcuni eCommerce, o addirittura realtà fisiche, verso questo genere di fenomeno. D’altronde, la capacità di aggiornarsi e migliorarsi è oggi il carburante primario nel mondo della vendita online; se non si può rinnovare il proprio catalogo, la propria proposta di valore, ma anche la propria immagine e il modo di farsi sentire, si rischia di ristagnare e, nel tempo, scomparire dal mercato.
Ecco che allora accanto ai Digital Native reali troviamo tutta una serie di Digital Reborn Brand (ndR); una parte di eCommerce e rivenditori digitali della generazione precedente che, adeguandosi alle dinamiche di questi nuovi attori, hanno deciso di rinnovarsi e ridisegnarsi.
I cambiamenti principali, che poi definiscono le caratteristiche native dei v-commerce, effettuati da questi DRB sono essenzialmente:
- trasparenza
- autenticità
- CX ottimizzata
- verticalità
Tutto questo trasforma un semplice cliente in un ambassador, un consumatore fidelizzato che si identifica nel marchio.
A livello di mercato, sempre più piccole realtà, anche grazie alle loro caratteristiche d’innovazione digitale riescono a ritagliarsi fette sempre più rilevanti di fatturato. In alcuni casi costringendo grandi player consolidati nel mercato retail all’acquisizione di start-up digitali (ad esempio Unilever e l’acquisizione da un miliardo di dollari di Dollar Shave Club) o al restyling totale pur di poter competere in certi mercati.
I Digital Native Vertical Brand di MBK
Anche MBK ha attentamente studiato il mercato dei Digital Native e ProduceShop assieme ai suoi brand ne è il risultato.
Sentiamo cosa può raccontarci a riguardo Matteo Bacchi, Procurement Manager di MBK Fincom e ProduceShop:
“Non possiamo esattamente definire ProduceShop un DNVB per un motivo fondamentale: il nostro catalogo si declina si su un’offerta direzionale, ma non category-killer. Abbiamo scelto nel tempo di spaziare dal punto di vista del prodotto trattato, e questo è un primo motivo di differenziazione dai Native.
Quello che però ci accomuna, oltre all’essere nati come realtà completamente digitale (anzi, a differenza di molti DB, noi non disponiamo di temporary e pop-up store), è la scelta di puntare sulla UX e sulla comunicazione trasparente.
Avere a nostro supporto un dipartimento IT e Sviluppo composto di talenti eclettici e costantemente all’avanguardia, insieme a un Reparto Marketing estremamente attivo e produttivo, ci consente di rimanere al passo dei trend di settore e aggiornare costantemente la nostra comunicazione, per adeguarla ai nuovi modi e alle nuove richieste dell’audience. Questo ci porta a raccontarci in maniera diretta, portando in prima linea non solo le nostre scelte qualitative riguardo al prodotto, ma tante altre realtà: il nostro impegno nel campo della sostenibilità ambientale, la dedica a tematiche green e la scelta di fornitori in linea con la nostra stessa vision”.
In conclusione
La presenza di mercato dei Digital Native Vertical Brand è misurabile a livello quantitativo; non possiamo tuttavia prevedere quale sia il futuro di questo tipo di realtà.
La loro rapida e inesorabile ascesa ha generato una reazione prepotente e decisa di tante aziende e retailer tradizionali, cosa che potrebbe portare a due diverse conclusioni: la nascita di una terza struttura ibrida, come ad esempio ProduceShop, o l’annullamento di una delle due a favore dell’altra.
Oppure, com’è prevedibile, i canali di comunicazione subiranno un’ulteriore scossa e il modo di vendere e consumare cambierà per l’ennesima volta, lasciando scoperto tutto un mondo di possibilità digitali.
Fonti:
- PR aziendali
- Dipartimento Sviluppo ProduceShop
- Dipartimento Procurement Produceshop (https://mbkfincom.com)
- Eurostat.eu
- DNVB Italia
- Guidance.com
- E-Commerce Nation
- Trading Economics
- Il Sole 24Ore