Disegnato sulla prassi del minimum viable product (prodotto minimo funzionante), il paradigma Minimum Viable Brand(ing) [MVB] delinea le caratteristiche fondamentali per lanciare un brand sul mercato. Se per realtà strutturate è complesso da seguire, per start up e private labels è invece uno dei modi migliori per iniziare a farsi strada nel mercato. In cosa consiste? Leggiamo le linee guida di MBK.
Mettere in atto una propria idea imprenditoriale, scegliendo di profilarsi come private label (prodotto) o start up (servizio) è una sana e sempre più diffusa ambizione. Se da un lato la pianificazione è tutto, dall’altro possiamo però dire che, con le attuali dinamiche digitali, profilarsi in maniera “light” diventa sempre più semplice e alla portata di tutti. Ecco quindi che quelle practice identificabili come Minimum Viable Brand(ing) sono oggi il vademecum essenziale per chi inizia a presentarsi sul mercato.
Organizzazione, equilibrio e coerenza sono tre parole chiave; il resto, lo possiamo leggere in questo studio MBK, da sempre in prima linea nella creazione di strategie marketing al passo con le innovazioni del momento.
MVB: cosa è
Se manteniamo l’analogia con il minimum viable product, possiamo definire un MVB come la quantità minima di tempo, sforzo e denaro da investire nella creazione e nella presentazione di un brand.
Se inquadriamo il concetto nell’ottica di una start up o di un private label, parliamo delle caratteristiche minime che una eventuale presenza digitale (lasciando quindi da parte il prodotto) deve avere per far sì che queste siano “appetibili” per il pubblico; si tratta della generazione di un minimo di awareness, il tanto per spingere quanta più utenza possibile a interagire.
In ogni caso, non si deve incorrere nell’errore comune del lasciare una struttura mal confezionata e grossolana; deve comunque sussistere un certo equilibrio tra struttura e flessibilità, in modo che quanto presentato sia una “malleabile” anticipazione di benefit e miglioramenti futuri.
Inoltre, è fondamentale per lavorare sulla struttura stessa. Presentando una prima fase di uscita, un MVB diventa un generatore di feedback, materiale prezioso per poter lavorare su implementazioni future.
Perché scegliere questo approccio
Sebbene in molti, al lancio di un brand, scelgano una progettazione minuziosa e prolungata, per realtà più rapide e concentrate affidarsi a questo genere di programmazione può risultare più efficiente.
I motivi di base sono quattro:
- sviluppando l’idea iniziale del proprio brand/business in questo modo, si crea un concept abbastanza completo da potersi proporre sul mercato, ma senza togliere risorse eccessive alla propria compagnia/team;
- “accorciando” le tempistiche d’azione, si inizia già da subito a creare interazione tra il brand e il pubblico. Questo è estremamente importante quando si ha a che fare con brand che devono imporre un prodotto senza che ci siano ancora traffici significativi di vendita a sostenerli;
- si inizia fin da subito a capire le “proprie persone”: il target non viene semplicemente scelto, ma plasmato anche in base al proprio ruolo e alle reazioni iniziali che si riescono a misurare;
- si articola la propria proposta, dandole una vera immagine e facendo sì che possa da un lato svilupparsi oltre il concetto di idea, dall’altro tutelarsi dalle implicazioni di un’entrata diretta e strutturata sul mercato.
Come strutturare un minimum viable brand?
Non esiste un manuale per generare il MVB perfetto; ogni realtà che ha scelto di cominciare seguendo questo percorso l’ha fatto con i suoi schemi. Esistono, tuttavia, alcune regole fondamentali che servono a delineare dei paletti senza i quali sarebbe impossibile profilarsi, in generale, come brand.
MBK ha intravisto, nel tempo, una serie di punti che possono riassumere questi passi base; la loro applicazione ha fatto si che molti private label riuscissero a presentarsi nel mercato come presenze reali, dando voce e volto a prodotti e categorie che, altrimenti, sarebbero rimaste a lungo in un limbo di presentazione di mercato ancora ancorata a vecchie metodologie comunicative.
I livelli di azione in fase costruttiva sono due: per task e per target.
Livello N.1: Task
Si tratta di compiere almeno tre azioni fondamentali, che sono poi quelle che garantiscono il “minimum” a un MVB. Ognuna di queste sintetizza azioni differenti che, in una realtà più complessa, richiederebbero impegni più consistenti da parte di molti reparti. Nello specifico parliamo di:
- Allineamento Concettuale: si tratta della definizione del brand in quanto “idea e prassi”. Delineata la mission, si esprimono i propri core values, la propria proposta di valore e i key differentiators; tutto questo va declinato in base al proprio target, optando per un linguaggio localizzato e dedicato;
- Identità Visiva: non ci si deve fermare solo al logo e al typing. La propria identità visiva passa per altre scelte importanti, come la definizione di una propria palette di colori, o un imagery completo e distintivo. L’impatto visivo, specie a una prima interazione, può essere cruciale;
- Implementazione: a compimento dei primi due passaggi, si implementa tutta l’impalcatura tecnica della propria presenza online. La cosa più importante è puntare su velocità e prestazioni, in modo da non perdere l’attenzione degli utenti nell’interazione. Seguendo una coerenza interna, si completa l’esperienza andando a lavorare sui touchpoint più importanti, e ottimizzando la UX, in modo da rendere ogni contatto perfetto.
Livello N.2: Target
A questo punto, con l’architettura pronta sotto mano, potete porvi 5 domande (5 W’s):
- Cosa siamo?
La vera essenza del brand, delineata in parte dal prodotto, in parte da come lo si comunica. - In cosa crediamo?
Rifacendosi a quanto esplicitato nell’allineamento concettuale, tutti i valori attorno a cui il MVB ruota e agisce. - Chi vogliamo attrarre?
Il target, da immaginare creando delle effettive personas e identificandosi nel loro modo di interagire. - Cosa ci distingue?
I key differentiator, ossia tutte quelle caratteristiche che ci contraddistinguono come esperienza unica in mezzo alla massa. - Cosa offriamo?
La narrazione dietro al nostro prodotto.
Raccontare concetti ed emozioni
Oggigiorno quello che cercano gli utenti, più di ogni altra cosa, è lo storytelling.
L’unicità di un prodotto è qualcosa che il cliente dà per scontata, dato che arriva sulla vostra pagina; specie per i private label, se si è atterrati sul vostro sito significa che, a questo punto, l’azione più importante è quella di mantenere l’attenzione del visitatore sulla storia dietro al marchio, dietro al prodotto, dietro all’esperienza che si offre, per spostarla sapientemente poi verso l’obiettivo (conversione).
Mai come ora quindi la scrittura e il disegno del content acquistano un’importanza tanto alta; inserire la giusta dose di emotional appeal fa sì che chi ci incontra si identifichi con quello che vede, sente e legge, arrivando a essere più portato a un’interazione proficua e produttiva.
Per una start up questo è quanto mai importante, specie se si cercano investitori o primi clienti.
In conclusione
In definitiva, possiamo riassumere i risvolti positivi di un approccio minimum viable brand(ing) in tre punti:
- pur essendo una prima impostazione “sommaria”, genera abbastanza valore da attirare il nostro target;
- dimostra agli utenti benefit futuri con un minimo apporto tecnico e creativo;
- è un continuo generatore di feedback, cosa importantissima per le implementazioni che andranno nel tempo applicate.
Fonti:
- PR aziendali
- Dipartimento Sviluppo ProduceShop
- Dipartimento Marketing Produceshop (https://mbkfincom.com)
- HBR
- UX Design
- Medium.com
- Inc.com
- Maketingstudio